L’ Audemars Piguet Royal Oak, viene presentato dalla Audemars Piguet al salone di Basilea del 1972.
Il periodo non era proprio florido sia per l’umanità che per l’orologeria.
Infatti quest’ultima, si vedeva ad affrontare l’invasione del quarzo, che dal Giappone, arrivava feroce e spietato, mandando in crisi l’intera produzione elvetica.
Molte delle Case produttrici, all’epoca, videro abbassarsi drasticamente la produzione e i fatturati, mentre il quarzo raccoglieva consensi e plausi di tutte le classi sociali.
Anche le Case più blasonate si videro in seria difficoltà, quando prese alle strette, dovettero ingegnarsi con qualcosa di rivoluzionario.
Anche Patek Philippe scelse una strada ancora inesplorata con il suo Nautilus, mentre Omega si chinò verso l’elettronica.
Rolex invece continua per la sua strada, anticipando addirittura i tempi del dopo crisi.
La Svolta
In Audemars Piguet invece fa capolino tale Alessandro De Marchi, importatore italiano del Marchio, che vista l’antiquata collezione proposta dalla Casa, decide di fare richiesta di un orologio che ancora non esisteva.
Un orologio che racchiudesse in se la sportività che mancava nel panorama di Audemars Piguet e in quello mondiale.
Alla guida dell’Azienda, in quel periodo, troviamo Georges Golay, a capo dal 1969 e rimasto fino alla sua scomparsa nel ’87, che diede fiducia alla lungimiranza di De Marchi.
E fu proprio Golay a commissionare a Gerald Genta l’orologio che romperà gli schemi, proponendo un orologio che non vantava tanto ergonomia e funzionalità, ma che aveva un impatto estetico che usciva dall’immaginario comune nel mondo dell’orologeria.
L’idea che arrivò dall’artista, era un orologio che unisse un metallo “povero” come l’acciaio, ma che avesse una lavorazione di qualità superiore come si faceva solo per l’oro, e che presentasse linee potenti che emanassero una sensazione di tecnica qualità.
Arrivò così la forma ottagonale, scelta per i suoi lati corti che non si staccavano troppo dalle rotondità consuete dell’epoca.
Arrivarono anche le viti sulla lunetta, le quali avevano ispirato Genta dopo averle viste nell’oblò del casco di un palombaro.
Viti funzionali e bene in vista sulla lunetta, un segno che ancora oggi contraddistingue il Royal Oak.
Anche il bracciale si presenta come un capolavoro integrato alla cassa, ad opera della Gay Fréres, azienda tra le più famose degli anni 50 e 60.
L’Esordio
Nel 1972, esordì il primo Royal Oak con referenza 5402 nella versione Grand Taille e si ebbe finalmente il riscontro del pubblico.
Naturalmente si divideva in 2 tra i complimenti e i disappunti, visto anche il prezzo che si aggirava all’epoca, intorno alle 700 mila Lire (un Submariner della Rolex ne costava circa 200 e un Ingenieur di IWC 150).
E come ben sappiamo, il successo del Royal Oak, ha ben pochi eguali.
Infatti oggi ci sono ben pochi orologi che possono vantare più di 700 differenti varianti di cui cento in attuale produzione!
Gli operatori del settore, dovettero rassegnarsi al successo del Royal Oak, inserendolo nell’elenco degli orologi di maggior successo della storia, regalando all’Audemars Piguet, l’immunità nella guerra del quarzo degli anni 80, diventando più famoso dell’Audemars Piguet stessa.
Come Nasce
Il nome Royal Oak (quercia reale) ha origini nel lontano 1651, quando Carlo II d’Inghilterra, trovò rifugio dalle truppe di Cromwell, sopra ad una quercia, dove rimase per tutta la notte.
La quercia prese così il nome di “quercia reale”, e segnò un nuovo punto di partenza per la riconquista del trono.
Per commemorare questo aneddoto, la Marina Militare Inglese, tra il 1769 e il 1914, ha battezzato 4 navi con il nome di Royal Oak, dove troviamo su una di queste, uno scafo in legno di quercia e gli oblò dei cannoni di forma ottagonale serrati da viti.
La cassa dell’Audemars Piguet Royal Oak, presenta una soluzione all’impermeabilità semplice quanto geniale.
La lunetta infatti, presenta viti funzionali che passano attraverso la carrure per avvitarsi sul fondello.
Questa soluzione permette di mettere in pressione i 3 elementi, garantendo così un serraggio in tutta sicurezza.
Per la sua costruzione, Audemars Piguet si affida alla Favre & Perret, dove tutti gli elementi della cassa, vengono rifiniti a mano a garanzia di una qualità superiore e dove ad esempio la lunetta, subisce ben 28 passaggi di lavorazione mentre la cassa ne richiede 48.
Anche per il quadrante ci si è avvalsi della più importante azienda del settore, ovvero la Stern (si, proprio quel Philip Stern che sta a capo della Patek Philippe) ed oggi di proprietà della Richemont.
Da li a poco, nasceva il primo orologio che associava ‘acciaio con l’oro, seguito poi da un modello forgiato in “tantalio” (metallo raro e nobile con densità simile all’oro ma con la resistenza dell’acciaio), segnado così ancora una volta una serie di primati.
La Meccanica
Nel 1967 debutta il calibro 2120, un movimento meccanico a carica automatica che batte ancora una volta un record, quello dello spessore unito all’affidabilità e precisione.
Siamo davanti ad un movimento di 12 linee dello spessore di 2,45 mm. con 26 rubini (che diventeranno 36) e un bilanciere Gyromax (diventato poi monometallico a 3 bracci in Glucydur).
La spirale è piana e conta 19.800 a/h con un rotore in oro 21 carati a carica bidirezionale e 45 ore di carica.
La sua naturale evoluzione divenne il calibro 2121 con datario che faceva crescere lo spessore fino a 3,05 mm.
Arriva nel 1993 una svolta stilistica nella collezione Royal Oak.
Debutta il modello Off Shore, un modello che trova la sua massima espressione nelle funzioni di cronografo, con linee decisamente ingombranti e potenti, che fa di sè il punto di forza tra gli oggetti del desiderio.
Nel 2005 nasce il primo movimento di manifattura: il 3120, montato sulla nuova referenza 15300.
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